Introduzione

La nostra società ci impone ritmi frenetici, questo è un dato di fatto. Ore di lavoro, di studio, ma anche una sovrabbondanza di informazioni da dover elaborare in maniera rapida ed efficiente. Siamo dipendenti dal “fare e fare” e fermarci non rientra nelle nostre priorità.

La garanzia del successo non è mai cosa certa e per ritagliarsi uno spazio in questa grande rete che è il mondo non c’è niente da fare: dobbiamo lavorare sodo.

La “dipendenza del fare”, per dargli un nome amico, non ci ha abbandonato neppure in quarantena. Il fatidico annuncio del “Io resto a casa” ha generato il panico. Siamo stati “costretti” a rimanere immobili, chiusi nelle nostre pareti, paralizzati e impossibilità di fare, fare e fare come abbiamo sempre fatto.

L’eco del furgoncino “Dovete restare a casa” è abbastanza evocativo e quando passava davanti alla strada quasi ci ridevo un po’. Non perché non ci credessi, ma perché il tutto mi sembrava così paradossale.

Ci stavano chiedendo di “Non fare nulla”, quando noi siamo del tutto incapaci di stare fermi. Ci stavano invitando a fare una pausa, uno stop e noi invece volevamo fare, fare e fare.

A me piace fare. Di certo io rientro nella categoria dei “Dipendenti dal fare”. Non riesco a farne a meno, devo assolutamente avere in mano qualcosa e un progetto da seguire, un lavoro su cui concentrami, almeno un libro da leggermi.

Devo fare, perché se no mi sento inutile, devo fare perché “Fermarmi a pensare” è tempo perso. Questo è quello che ho imparato nel tempo. Per pensare non c’è tanto spazio. In quarantena questo spazio ce lo hanno offerto, anche se per noi è stato come imposto.

Ma al di là di situazioni precise, l’idea di un mondo in continuo movimento, frenesia e accelerazione è ormai dato per scontato.

E per questo motivo non mi sorprende neanche tanto che nel tempo si siano elaborate moltissime strategie di “evasione”, una sorta di “spazio” mentale dove “fermarsi” o quanto meno “rilassarsi” è accettabile e perfino consigliabile.

L’evasione di oggi di certo non è l’evasione di ieri. Se un tempo bastava una camminata in campagna o la lettura di un libro, oggi i parametri di relax sono cambiati. E in questo campo rientra a pieno titolo la funzione dei Social.

Si chiamano social sì, perché vogliono fare connessione, vogliono creare una rete, vogliono annullare le distanze, vogliono dare immediatezza. Ma i social sono anche i nostri nuovi spazi di evasione, dove “scorrere la bacheca” è lecito e persino divertente.

E quindi non è un caso che un fenomeno come l’ASMR, ovvero autonomous sensory meridian response, sia nato proprio sui social, dove il chilling è un requisito e quasi una norma.

È un fenomeno abbastanza recente, almeno nella sua forma digitale su Youtube. Io non ne avevo mai sentito parlare. Probabilmente io di fare chilling non ci avevo mai pensato.

Ho guardato qualche video. Devo dire che all’inizio ero un po’ perplessa. Non tanto perché mi sembrasse qualcosa di folle, quanto più perché l’idea di guardare un video che mi aiuti a rilassarmi non è qualcosa a cui io sia abituata. In generale, l’idea di qualcosa di “esterno” che mi rilassi mi è sempre sembrata qualcosa di “alieno”.

Non mi piacciono i massaggi, non mi piace la vasca idromassaggio, non mi piace la musica ambient. Sì, rilassarmi non è per nulla facile. E quindi all’inizio ero perplessa.

Questi video non usano tanti strumenti, non utilizzano magia nera. Si concentrano sui sensi, in questo caso sull’udito: attraverso un intrecciarsi di suoni generano un senso di beatitudine, associato anche ad effetti fisici reali. Provocano formicolio, brividi, un senso di relax e di scioglimento.

Ma al di là di farvi una descrizione tecnica del “prodotto”, la cosa che più mi ha interessato è la selezione degli stimoli che utilizzano per provocare tutte le sensazioni di benessere. Degli stimoli che, a primo ascolto, sembrano davvero bizzarri e non mi stupirei che la prima reazione sia del tipo “Ma che???”.

Il tocco delle dita sulle superfici, schiocchi di lingua ripetuti, toccare confezioni di plastica. Il mio preferito è “masticare con la bocca aperta”.

Dopo aver detto “Ma che???”, mi sono subito chiesta: ma come mai questi suoni, per alcuni parlerei più di “rumori”, ci danno un senso di benessere? E dovranno pure generare relax, visto il successo di questo fenomeno.

Ho iniziato a pensare a quali rumori mi diano questa sensazione. E, in fin dei conti, non sono neanche così lontani dal “masticare con la bocca aperta”.

Il primo che mi è venuto in mente è quello delle bolle di plastica che si trovano nelle imbottiture degli scatoloni. Non saprei come altro chiamarli. Ma quelli sono certa che piacciono a tutti: la sensazione di piacere che dà lo scoppiare quelle bolle, devo dire, è impagabile. Ma la domanda rimane: ma perché mi piace? Non ne ho veramente idea.

Un altro suono/rumore per cui vado matta è lo strofinio sul microfono. Quel suono un po’ grattato mi fa venire subito i brividi.

Un ultimo che mi viene in mente è il rumore della pioggia sull’ombrello. Questo lo definirei quasi normale.

Sempre la stessa domanda: ma perché?

La risposta più generale a cui sono andata incontro è il fatto che questi tipi di suono sono caratterizzati dal loro ripetersi costante, a ritmi uguali. Altre teorie riguardano l’andamento del suono oppure del suo cambiare intensità gradualmente.

Di nuovo: ma perché?

A questo scopo ho provato ad ascoltare per dieci minuti il ticchettio dell’orologio. Anche perché il suo è uno di quei suoni per cui vado matta. Mi sono seduta e mi sono concentrata solo sul ticchettio. Dire che è stato complicato è un eufemismo.

Avete mai provato a concentrarvi per dieci minuti su una cosa sola? E soprattutto avete mai provato a concentrarvi su una cosa sola dopo aver deciso di provare a concentrarvi su una cosa sola? Quasi impossibile. E non è strano, visto che siamo “Dipendenti dal fare”.

Ho fatto diversi tentativi. I primi sono amaramente falliti. Non che gli altri siano andati molto meglio. Non sono arrivata ad una soluzione vera e propria. E non sono riuscita a stare dieci minuti. Ma ho revisionato l’idea: dieci minuti di ticchettio leggendo un libro. Oggi, fare due cose direi che è il minimo sopportabile.

Risultato?

Si, ero rilassata. Chissà se per il libro o per il ticchettio. Chissà se ho scelto il suono giusto o quello sbagliato.

L’unica risposta che mi viene in mente è il nostro essere connessi e intimamente legati all’idea di musicalità. Ci piace il suono, ci piace la musica, molti le parole delle canzoni neanche le ascoltano. Il ritmo lento forse, che chiaramente si associa all’idea di lentezza, di rilassamento.

Mi chiedo se sia un qualcosa che effettivamente ci rilassa oppure sia solo un’esigenza di molti in un mondo che non ha tempo né spazio per la musica lenta.

Mi chiedo quanto durerà questo fenomeno dell’ ASMR e quando si passerà al tentativo successivo. Mi chiedo, ogni tanto, se ormai abbiamo desiderio di rilassarci oppure è la moda del momento.

Mi chiedo tante cose, lo faccio spesso. E ancora più spesso non trovo risposta se non nella mia mente.

L’unica cosa che però, senza soluzioni e risposte, mi viene da dire è: siamo veramente fantasiosi nel trovare strategie e il fenomeno su Youtube è un’altra brillante dimostrazione che siamo tutti “Dipendenti del fare”.

a cura di Milena Fantoni