In questo articolo parleremo di un fenomeno che riguarda molti di noi ma del quale è davvero difficile accorgersi: l’autosabotaggio.

Che si tratti di scuola e di esami o compiti in classe, o magari di un colloquio di lavoro, di un’importante incontro di lavoro o opportunità di vita, l’autosabotaggio è proprio lì che ci attende per impedire di realizzarci.

Vedremo dunque sia di cosa si tratta che come funziona questo subdolo meccanismo psicologico, focalizzandoci anche su come lavorarci per impedire che ci condizioni tanto la vita.

Se dunque siete curiosi di capire cos’è e perché siete i peggiori nemici di voi stessi, continuate a leggere.

Cos’è l’autosabotaggio: definizione

Per autosabotaggio intendiamo tutta quella serie di azioni e comportamenti, fatti di idee e disposizioni, che finiscono per creare degli ostacoli al raggiungimento dei nostri obiettivi, anche quando non ve ne sono.

Le strategie più evidenti

Questo è un processo che può essere più o meno conscio, e che in modo concreto può manifestarsi in modi più evidenti che forse potrai riconoscere:

Continua preoccupazione non costruttiva e non funzionale

Continuo giudizio di noi stessi e degli altri

Paragonarsi con altri in modo distruttivo

Ti risultano familiari? Questo e altri sono i modi con cui l’autosabotaggio si fa strada nelle nostre vite, spesso con conseguenze disastrose e che, purtroppo, non vengono apprezzate per quello che veramente sono.

Per la sua particolarità, l’autosabotaggio fa in modo che non ci sia solo dolore, ma anche un qualche tipo di beneficio nel breve termine.

Ne va di conseguenza che il vero danno verrà scoperto, supponendo di averne abbastanza consapevolezza, solo quando ormai è troppo tardi.

Le strategie più nascoste

Ma esistono anche dei modi più nascosti con cui si manifesta, e che sanno essere altrettanto tossici per la nostra mente. Sono i seguenti:

– Porre di proposito obiettivi irrealizzabili

– Inventare scuse e giustificazioni

– Non presentarsi agli appuntamenti fissati

– Procrastinare fino all’ultimo momento

Se le forme precedenti non ti risultavano familiari, queste forse ti saranno più familiari. Il potere dell’autosabotaggio è molto grande, e le vie con cui si rende noto sono spesso così sottili da passare inosservate.

D’altronde può capitare di cadere preda della pigrizia, di saltare un appuntamento o inventare qualche scusa. Ma quando l’occasione si trasforma in abitudine, è così che finiamo per ricadere nel meccanismo vero e proprio.

Avendo adesso capito cos’è in generale e con esempi particolari, il passo successivo è capire perché mai il nostro cervello e noi stessi dovremmo sottoporci a tali condizioni.

D’altronde non è piacevole avere degli ostacoli proprio di fronte a ciò che stiamo lavorando tanto per ottenere, eppure è una situazione che capita spesso, e altrettanto spesso per colpa nostra. Dunque, quali sono le cause?

Autosabotaggio: le cause alla radice

Quelle che adesso andrò ad elencare sono delle cause che prese di per sé sono molto semplici.

Capire quali si applicano al proprio caso richiede un buon lavoro di introspezioni in se stessi, e se i sintomi e le problematiche fossero invalidanti, potrebbe essere opportuno valutare la possibilità di intraprendere un percorso psicologico.

Questo articolo infatti vuole solo essere descrittivo, e non sostituisce il parere di un professionista abilitato alla professione. Premesso questo, iniziamo:

1) Il bisogno di controllo. Per l’essere umano non c’è niente di peggio che tollerare una situazione di incertezza. Il nostro cervello è fatto per categorizzare, per avere il mondo e tutti i componenti della realtà schematizzate e catalogate in modo preciso, efficace e funzionale. Ma purtroppo, la vita è l’esatto contrario della prevedibilità. L’autosabotaggio si potrebbe dunque inserire come tentativo di controllare un aspetto della vita su cui non abbiamo potere per forza di cose. E’ importante notare come non sia destinato a fallire: in questo caso l’autosabotaggio potrebbe aiutare a restituire un senso di sollievo e di controllo, a patto però di perdere delle occasioni che la persona reputa importanti e vitali.

2) La preferenza per ciò che è già conosciuto. Sempre per la scarsa tolleranza all’incertezza che ha il nostro cervello, è normale che tendiamo a preferire ciò che ci è familiare. Questo perché essendo già conosciuto possediamo tutti o quasi gli schemi mentali della situazione, con il risultato di sentirci in controllo e sicuri di quanto sta succedendo e potrà accadere. Ma non possiamo dire lo stesso invece tanto più ci troviamo ad affrontare qualcosa che è radicalmente opposto a ciò che siamo abituati. L’autosabotaggio potrebbe dunque essere un tentativo di non far spezzare il senso di familiarità e dunque di controllo.

3) E’ un’abitudine appresa. Forse hai già vissuto dei fallimenti in ambiti per te importanti in passato, e questi ti hanno portato a formare uno schema mentale che dice che non puoi farcela, a priori. E se non puoi farcela non vale la pena provare, perché soffriresti e a nessuno piace soffrire. In casi del genere, l’autosabotaggio diventa una protezione contro tutte quelle situazioni che potremmo aver imparato essere fonte di dolore.

4) Non pensi di meritarlo. Simile al motivo di cui sopra, a volte per via di esperienza passate potresti aver imparato che il successo non fa per te, e che non meriti che ti accadano cose positive. Ne deriva che allora qualunque situazione si presenti che possa dimostrare il contrario di ciò che il tuo schema mentale si aspetta, attivi l’autosabotaggio (spesso sotto forma molto critica verso sé o gli altri). Anche qui, l’autosabotaggio diventa una protezione contro la sofferenza. O meglio, una strategia.

Contrastare l’autosabotaggio: farci amicizia

Sapendo adesso anche le cause alla base di questo comportamento, andiamo a vedere quale potrebbe essere una strategia per iniziare a capire l’autosabotaggio in noi stessi.

Ogni mente è unica, e di conseguenza ognuno avrà il proprio modo di sperimentare questo meccanismo. E il metodo si può ridurre a qualcosa che forse potrebbe sembrare contro-intuitivo: farci amicizia.

Nello specifico questo vuol dire imparare innanzitutto a osservare e riconoscere questo meccanismo in noi, in modo da capirlo e osservarlo per ciò che è.

Forse è lì da più tempo di quanto sappiamo, o forse è venuto a farci compagnia da poco.

Quello che importa è riuscire a trovare dei compromessi per gestirlo nel migliore dei modi, così che diventi una strategia costruttiva che ci aiuti ad arrivare a ciò che vogliamo ottenere.

Come farlo in modo pratico

Nello specifico, questo potrebbe voler dire:

  • Trovare del tempo per se stessi. Non importa quanto, ma la qualità del lavoro che andremo a svolgere. Si tratta di ritagliare del tempo per pensare al proprio passato e individuare dov’è che l’autosabotaggio è più presente. Quali sono le persone, le situazioni, i momenti in cui si è fatto più vivo? Una riflessione potrebbe portare con facilità a galla questo tipo di informazione.
  • Una volta che abbiamo capito l’ambito o gli ambiti in cui è più presente, dobbiamo allora capire che aspetto ha. Ovvero, dobbiamo capire quali strategie utilizziamo, come funzionano. Proprio perché ognuno impiega le sue, e che forse arriveranno a discostarsi da qualunque esempio in un articolo o manuale, è bene diventare pratichi con se stessi. Potrebbe essere utile annotare via via in un quaderno le scoperte effettuate, in modo da avere una visione d’insieme più facile e immediata.
  • Infine, il punto più difficile. Capire il perché del comportamento. Cos’è davvero che scatena l’autosabotaggio? A quali paure, preoccupazioni ed eventi è connesso?

Una volta concluso questo lavoro di esplorazione e conoscenza di sé, un lavoro che in alcun modo dico essere semplice o immediato, o senza ostacoli a sua volta, solo allora è possibile passare all’ultimo ambito che avevo citato in precedenza, quello della trasformazione.

L’autosabotaggio è una strategia, e come tale è possibile trasformarla in modo che non sia più autosabotaggio, ma uno strumento importante e che ci sia da alleato nella nostra strada.

Questo perché come tutti i meccanismi mentali, in realtà nasconde un lato positivo, che possiamo diventare in grado di utilizzare a nostro vantaggio.

Ripeto che non si tratta di un percorso per forza veloce e immediato, e richiede quanta più pazienza e disciplina si possano avere, per arrivare al cambiamento.

In conclusione: l’autosabotaggio un nemico travestito da amico

Come abbiamo potuto vedere nel corso dell’articolo, l’autosabotaggio si prospetta come una strategia che per quanto possa essere stata utile in passato, nel presente corre il rischio di causare più danni che benefici.

Se è vero infatti che permette una gratificazione nel breve termine, evitando la fonte di pericolo e paura, lo fa però al costo di non arrivare a realizzare ciò che conta davvero per noi, i nostri obiettivi e aspirazioni.

Detto questo, diventa chiaro che combattere l’autosabotaggio diventa sempre più importante quanto più lo sono i nostri obiettivi.

Non è una situazione semplice o di facile soluzione, ma che con un buon percorso di crescita personale può essere trasformato, da distruttivo a costruttivo.

Non ci saranno più critiche e giudizi ostili nei confronti di sé e gli altri, ma al contrario, la stessa voce potrà divenire consigliera e compassionevole, accompagnandoci al raggiungimenti dei nostri sogni.

3 commenti su “L’Autosabotaggio: quando noi siamo il nostro stesso nemico”

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