Scopriamo insieme la storia, il significato e i sette principi del Bushido, il codice di condotta morale adottato dai Samurai, la casta guerriera giapponese.

Il codice Bushido: Etimologia e significato del termine

Il Bushido è considerato come una sorta di vademecum per il perfetto samurai: ancora oggi, è in grado di affascinare diversi curiosi di tutto il mondo. Ma vediamo di che si tratta.

Leggiamo nell’Enciclopedia Treccani:

«BUSHIDŌ (“la via [o la morale] del guerriero”). – È il complesso delle norme di disciplina morale e marziale della casta militare, che si accumularono in Giappone durante i sei secoli di feudalismo e di cavalleria.»

Il Bushido (che significa, la via o la morale del guerriero) è, come abbiamo appena citato, un codice di condotta e uno stile di vita che richiama il concetto medievale di cavalleria e quello romano del mos maiorum.

Viene adottato dai samurai (o bushi, da cui il nome), cioè la casta guerriera in Giappone.

Nel Bushido non sono raccolte solo le norme di disciplina militare, come accade in altri codici di addestramento militare di altri popoli, ma anche quelle morali.

Tali discipline morali hanno preso forma in Giappone durante gli shogunati di Kamakura (1185-1333) e Ashikaga (1336-1573) – quest’ultimo shogunato è anche chiamato Periodo Muromachi –, quando il potere degli Shogun (i generali) sostituì quello dell’aristocrazia.

Le svariate norme sono state definitivamente uniformate e applicate nel periodo Tokugawa (1603-1867).

La prima lezione del codice Bushido insegna che occorre essere liberi dalla paura.

Il samurai deve essere superiore alla paura della morte, in modo tale da avere la serenità e la forza giuste per servire il suo signore nel modo più fedele possibile, anche a costo della vita.

Il dovere, infatti, deve essere il primo valore di ogni samurai.

Prima di addentrarci nella storia del Bushido, vediamo insieme chi sono stati i samurai.

I samurai sono sorti durante le battaglie tra le principali casate aristocratiche, battaglie create per estendere i domini di ciascuna.

Sono diventati una vera e propria casta (ovvero, una classe sociale), tra il IX. Eil XII secolo e sono stati chiamati in due modi: samurai (“cavalieri”) e bushi (“guerrieri”).

Alcuni di loro erano già legati alla classe dominante, altri, invece, venivano assunti e dovevano giurare fedeltà al loro Daimyo (“feudatario” o “signore”). In cambio, ricevevano titoli e terreni.

I Daimyo si servivano, in poche parole, dei samurai per espandere i propri domini e proteggere quelli che avevano già ottenuto.

La storia del Bushido

Il processo di affermazione della morale dei samurai non ha una precisa data di definizione.

Si è trattato di un lunghissimo processo durante il quale alcune norme marziali hanno subito numerose influenze provenienti dal Confucianesimo e dal Buddhismo e sono così divenute concetti sempre più astratti e filosofici.

Il Bushido, inoltre, è stato tramandato in maniera prevalentemente orale fino alle fine del XVI secolo, quando è stato menzionato per la prima volta nel testo Kōyō Gunkan (甲陽軍鑑), che raccoglie tutte le strategie militari e le tecniche che sono state utilizzate dal clan Takeda nell’Era Sengoku (1467-1603).

È importante capire che il Bushido non era un codice di regole che dovevano essere apprese a memoria e non era nemmeno una serie di tecniche da acquisire per poter diventare dei veri guerrieri.

Era un codice di valori che dovevano essere continuamente appresi e praticati in ogni ambito della vita, dalla più tenera età fino alla morte.

La pena per chi non rispettava i suoi dettami era la totale perdita dell’onore.

E la perdita dell’onore poteva essere cancellata soltanto in un modo: con il sangue di un suicidio rituale – il seppuku (切腹, suicidio per sventramento).

Fino alla fine dell’Era Sengoku, molti samurai non rispettavano i valori contenuti all’interno del Bushido ed erano assassini senza scrupolo, incuranti del rispetto delle alleanze.

Questi samurai attaccavano i nemici con tecniche subdole e poco onorevoli.

Successivamente, nell’Era Edo (1603-1869), i guerrieri hanno potuto dedicare più tempo alle pratiche culturali e filosofiche e, proprio in quell’Era, il Bushido iniziò a essere molto più letto, seguito e praticato.

A favore di questa nuova e più ampia diffusione del codice c’era il fatto che l’Era Edo è stata un momento di relativa pace, durante la quale le guerre e i combattimenti sono diminuiti in maniera drastica.

C’è un libro riguardante il Bushido che è forse il più conosciuto tra tutti ed è considerato come un testo molto più vicino a un trattato filosofico che a un testo di arti marziali: il Libro dei Cinque Anelli, scritto dal rōnin (che significa, letteralmente, “samurai senza padrone”) Miyamoto Musashi.

L’autore, in questo testo, parla proprio dell’arte del duello e declina quest’arte secondo i cinque elementi fondamentali per la cultura giapponese: Terra, Acqua, Fuoco, Vento e Vuoto.

Dopo la Restaurazione Meiji (1864-1869), il potere è ritornato nelle mani dell’Imperatore – e questo, dopo secoli e secoli di dittatura militare.

Il Bushido, ormai, era diventato parte di un indottrinamento sistematico della popolazione giapponese.

Tutti i ceti sociali dovevano conoscere i valori in esso custoditi così da far nascere in loro un forte patriottismo.

Durante questo periodo, il Bushido è stato utilizzato a favore del potere dell’Imperatore, come mezzo per mantenere la popolazione fedele a chi era al comando in qualsiasi tipo di circostanza, anche a costo della vita.

È stata proprio questa morale che ha ucciso migliaia di giovani piloti, i cosiddetti “Kamikaze”, durante la Guerra del Pacifico.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Imperatore si è ritirato dalla scena politica ma il Bushido è rimasto, sebbene in forma più lieve e codificata.

Gli antichi valori dei samurai non si sono affatto estinti ma, al contrario, persistono ancora oggi negli ambienti di lavoro, fortemente conservatori e verticalizzati.

Viene instillato nella mente dei lavoratori giapponesi che dedicare la propria vita – compreso il proprio tempo libero – al lavoro e al bene dell’azienda in cui lavorano sia cosa buona e giusta.

In questo tempo presente, si sta cercando di cambiare questo tipo di mentalità, ma nelle fasce più conservatrici della popolazione rimane ancora salda l’idea che, a prescindere da quanto sia duro il lavoro che si sta svolgendo, si debba sempre lavorare sodo e rimanere fedeli al proprio posto di lavoro fino alla pensione, così come i samurai restavano fedeli al loro signore fino alla morte.

I sette principi del Bushido

I principi fondamentali del Bushido a cui ogni samurai si doveva attenere scrupolosamente sono sette. Vediamoli insieme – di fianco, vi segnaliamo il corrispettivo scritto in alfabeto giapponese.

, Gi: Onestà e Giustizia
C’è solo o bianco o nero nella mente del vero Samurai, ovvero, c’è solo il giusto e lo sbagliato, senza alcun tipo di incertezze. Il vero samurai, secondo questo primo principio, non ha dubbi sui principi di onestà e giustizia, che devono venire da lui stesso e dagli altri intorno a lui.

, Yu: Eroico Coraggio
Il secondo principio insegna che occorre elevarsi al di sopra di chi ha paura di agire e si nasconde dentro al proprio guscio come una tartaruga impaurita. Il samurai deve essere coraggioso in maniera a dir poco eroica e deve vivere in modo completo e meraviglioso. Il coraggio eroico, infine, non deve essere affatto cieco ma, al contrario, deve possedere un livello molto elevato di forza e di intelligenza.

, Jin: Compassione
Il samurai è reso forte e veloce dal continuo e intenso addestramento. Il potere che acquisisce deve essere utilizzato per il bene comune. Deve possedere compassione ed essere sempre d’aiuto per i propri simili: se non ne ha l’opportunità, ne deve creare una. Soprattutto, questo insegnamento dice che la compassione deve essere dimostrata specialmente nei riguardi di donne e bambini.

, Rei: Gentile Cortesia
I samurai non hanno bisogno di utilizzare la loro forza in maniera crudele ma, anzi, devono essere gentili anche con i loro nemici. Senza questa dimostrazione di rispetto, l’uomo è poco più che un animale. Il samurai viene rispettato non solo per la sua forza durante la battaglia ma anche per il suo modo di relazionarsi con gli altri. Occorre sempre ricordarsi che il miglior combattimento è quello che si è riusciti a evitare.

, Makoto: Completa Sincerità
Parlare e agire, per un samurai, sono esattamente la stessa cosa. Il samurai non deve dare la sua parola né deve promettere: quando il samurai esprime l’intenzione di compere un’azione, quest’ultima è già praticamente compiuta.

名誉, Meiyo: Onore
L’unico giudice del samurai è lui stesso. Non ci si può nascondere dalla propria persona e le decisioni che si prendono, insieme con le proprie azioni, sono il riflesso di ciò che si è.

忠義, Chugi: Dovere e Lealtà
Il samurai è leale verso coloro di cui si prende cura e rimane fieramente fedele a coloro di cui è responsabile fino alla morte.