Cos’è la sindrome della capanna?

Vi è mai capitato di trascorrere lunghi periodi della vostra vita trascorrendo molto tempo chiusi in casa, chiudendovi un po’ in voi stessi non avendo molta voglia di uscire e fare “vita sociale”?

Se si, vi sarete probabilmente accorti che trascorso questo periodo risulta difficile e strano tornare ad esplorare il mondo esterno come magari si faceva in precedenza.

Questo perché stare per troppo tempo chiusi in casa nella nostra zona di “comfort” ci disabitua a vivere in relazione con gli altri e ci rende più complesso e strano il riaffacciarci a tutti quegli stimoli esterni presenti fuori dalle nostre mura.

Questo potrà causarci dello stress emotivo, uscire dalla nostra capanna risulterà più difficile e inizieremo a vedere l’esterno come quasi un qualcosa di minaccioso.

Il rischio sta nel continuare ad evitare queste sensazioni di disagio causate dal non essere più effettivamente abituati a vivere quel mondo e di conseguenza a scegliere di chiudersi sempre di più all’interno di quelle quattro mura che percepiamo maggiormente sicure.

Sindrome della capanna e Covid-19

In molti Paesi del mondo sono state applicati forte restrizioni alla libertà personale durante il periodo del lockdown. Tutto ciò, non ha permesso alle persone di vivere una viva spensierata, uscendo di casa e incontrandosi con amici e affetti.

Ad oggi, invece, la situazione è cambiata. Le libertà personali non sono più ristrette e ognuno è libero di uscire di casa e incontrare chi vuole. Tuttavia, il periodo post Covid-19 non è stato facile per tutti.

Molto persone sentono anche di essere imprigionate. Alcuni esperti definiscono questa situazione come la “sindrome da capanna”, una condizione molto diffusa. Vediamo nel dettaglio in cosa consiste e quali sono le persone maggiormente colpite.

Perché siamo portati a chiuderci nella nostra capanna

Potrà sembrarti assurdo, ma la sindrome da capanna ha colpito le persone che si sono meglio adattate al lockdown. Questi individui hanno gestito in maniera egregia i mesi di chiusura totale, adattandosi bene alla vita in casa. Adesso, però, se ne vedono gli effetti negativi.

Infatti, le persone iniziano a sentire un senso di smarrimento e inadeguatezza nel pensare all’idea di tornare alla propria vita normale. Dopo mesi di quarantena chiusi in casa, l’ansia di riprendere gli stessi ritmi di vita, la paura di uscire e la consapevolezza che rimanere in casa non è poi così male, rende difficile anche uscire di casa.

Le persone più a rischio di contrarre questa sindrome sono anche gli ipocondriaci che probabilmente hanno vissuto il lockdown come una esperienza perfetta. In realtà, la sindrome può colpire chiunque abbia già fobie, ansie oppure problemi psichiatrici.

Il ritorno alla normalità non è stato apprezzato da tutti, a causa della pressione di dover tornare nel mondo normale e di ricominciare la solita routine. Insomma, per molti abbandonare il rifugio, la propria casa, significherà passare dalla paura alla certezza concreta di una realtà difficile da affrontare.

Le nostre case, in questo periodo, sono diventate una sorta di rifugio, ci hanno tenuto al riparo dal virus ma anche lontano dal mondo, la cui intensa energia spesso ci rende stressati. Abbiamo stabilito un perimetro di sicurezza e ora dobbiamo abbandonarlo per entrare in un contesto di insicurezza.

Sindrome della capanna: perché non si vuole più uscire?

Ammettiamolo, la quarantena è stata utile per farci scoprire uno degli aspetti più interessanti della nostra vita: il tempo libero.

Chi è stato in quarantena ha avuto una enorme quantità di tempo da dedicare ai propri affetti (almeno quelli in casa), agli hobby e a sé stessi. Adesso è normale che potrebbero essere riluttante tornare in un mondo dove la figura dell’individuo è spesso messa in secondo piano.

Inoltre, c’è chi, a malincuore, si è abituato alla nuova routine e non vuole cambiarla di nuovo. L’isolamento è spiacevole, ma i nostri meccanismi di sopravvivenza ci hanno permesso di contrastare quella sensazione e adattarci al lockdown.

In una società così frenetica e orientata al lavoro, in cui l’imperativo è lavorare e produrre sempre, la rinascita fa paura pur essendo necessario. L’allarme per la sindrome della capanna è stato lanciato da un team di ricercatori del Collegio Ufficiale degli Psicologi di Madrid che ha sottolineato come le persone affette da questa condizione fossero maggiori di quanto si possa immaginare.

Come superare la sindrome da capanna?

La parola d’ordine è la seguente: gradualità. È vero che rimanere in casa è piacevole, tuttavia, non potrebbe far altro che accentuare le nostre paure e ingigantire i nostri pensieri.

Dobbiamo riabituarci gradualmente al mondo esterno e ogni piccolo passo sarà fondamentale per riappropriarci della nostra vecchia routine che scopriremo essere piacevole.

La realtà è che non ci si salva da soli. Pertanto, per uscire dalla sindrome della capanna evita di ascoltare notizie sul COVID-19 tutto il giorno. Dedicati ad attività fisiche all’aperto e unisci l’utile al dilettevole.

Comincia ad uscire quando serve, con le dovute precauzioni, magari con qualcuno di cui ti fidi. Perché l’allontanamento sociale non ci impedisce di fare affidamento su qualcun altro.

Tornare a vivere il mondo che ci circonda, incontrare gente, partecipare ad eventi e viaggiare sono gli aspetti che rendono la vita a colori. La sindrome della capanna non fa altro che limitarci i piaceri della vita costringendoci a casa.