La fine di una relazione è un’esperienza che accomuna molte persone, ma la possibilità di confrontarsi con chi ci è passato prima di noi non la rende una situazione più facile o meno dolorosa da affrontare.
Ogni relazione è diversa, così come lo è la fine di ognuna di essere, perciò non esiste una formula magica che possa essere applicata per tutti e non ci sono guide step by step per superare questo momento difficile.
Tuttavia, la maggior parte delle persone va incontro a tre fasi principali dopo una rottura, partendo da una prima fase dolorosa, per poi passare alla rabbia e infine all’accettazione di ciò che è accaduto.
Prima fase: dolore
La prima fase è sicuramente la più devastante e quella dove ci si tormenta di più. La ferita è fresca e si hanno mille domande, specialmente se la rottura viene percepita come un fulmine a ciel sereno o se non si hanno spiegazioni chiare in merito.
La testa è affollata di pensieri, ci si chiede dove si è sbagliato, cosa avresti potuto fare diversamente, se ci fossero segnali che non hai colto, ci si dà la colpa anche per cose che erano fuori dal nostro controllo.
In alcuni casi, ci si addossa tutto il peso della rottura, l’autostima cede sotto il tumulto emotivo e a volte si annulla.
Si pensa all’altra persona continuamente, mettendo a confronto situazioni in cui la presenza dell’altro/a era una costante quotidiana che ora ha lasciato un vuoto che sembra incolmabile. Si è convinti che non si riuscirà mai a trovare nessun’altro, che si resterà soli per sempre.
In questa prima fase è facile isolarsi, perdere interesse anche per le cose che un tempo ci piacevano di più, evitare le altre persone e finire per spendere tutto il tempo con i propri pensieri, a compatirsi e torturarsi su ciò che è stato e ciò che sarebbe potuto o dovuto essere.
Ci si sente spaesati, persi, magari perché si era stati a lungo con quella persona e si era entrati in una routine in cui si faceva tutto in coppia; magari il proprio gruppo di amici è composto principalmente da coppie e ora ci si sente come un pesce fuor d’acqua, a disagio con se stessi e con una nuova situazione di indipendenza che viene percepita come una punizione, una condanna alla solitudine.
Questa è la fase in cui si controlla ossessivamente cosa fa l’ex-partner sui social, a volte si lasciano mille messaggi e mille telefonate, e basta un singolo piccolo indizio che faccia pensare che l’altra persona abbia cambiato idea per essere disposti a tornare indietro, anche se si è sofferto.
Come superare il dolore
La prima cosa da fare per superare il dolore è lasciarlo libero di avere il suo corso. Non trattenere le tue emozioni, dai a te stesso/a modo e tempo di piangere ed esternare il tuo tumulto interiore.
E’ lecito chiedere spiegazioni laddove non se ne ricevano, ma non focalizzarti troppo sui perché e non porti troppe domande: in fondo, qualsiasi motivazione potrai sentire non ti farà stare meglio, anche se il tuo partner ti conoscesse abbastanza da renderti la separazione il meno dolorosa possibile.
Addossarsi la colpa non risolverà le cose e ti impedirà di andare avanti, spingendoti in una spirale autodistruttiva che potrebbe farti mettere in dubbio te stesso/a e compromettere i tuoi rapporti futuri.
Bisogna stare bene con se stessi per stare bene con gli altri. Una persona che ci lascia lo fa perché vuole lasciarci e non è necessariamente sintomo che c’è qualcosa che non vada in te o nel tuo modo di rapportarti con gli altri.
E’ giusto prendersi del tempo per se stessi e per stare soli con i propri pensieri, ma cerca di bilanciare questi momenti con quelli passati in compagnia.
Ogni tanto avrai bisogno di tenere la testa lontana da quell’evento, di passare qualche ora di svago e di lasciare che la tua rete di sostegno di aiuti a riprenderti.
Sembrerà banale, ma cerca il lato positivo: riappropriati della tua indipendenza e sfrutta questa occasione per fare qualcosa di nuovo, magari dedicarti ad un nuovo hobby, fare quel viaggio che hai sempre voluto fare, qualcosa che sia soltanto tuo e che ti dia fiducia e modo di dire “posso farcela anche da solo/a”.
Seconda fase: rabbia
La fase del dolore non ha tempistiche precise e uguali per tutti, ma lentamente andrà comunque a scemare e darà spazio alla rabbia.
In questa seconda fase, si passa da un estremo all’altro: quando prima si tendeva ad addossarsi tutta la colpa, ora ci si convince che la causa della rottura gravi completamente sull’ex-partner.
Si comincia a separare la propria persona da quella dell’ex, non si pensa più “come una coppia”, ma piuttosto si cominciano a vedere tutti i difetti dell’altro/a e tutto ciò che non funzionava nella propria relazione.
Si sviluppa un pensiero più critico e razionale che permette di giudicare più oggettivamente ciò che è successo, magari ci si rende conto dei segnali che sono stati volutamente o inconsciamente ignorati.
Si formulano spiegazioni laddove non ne siano state date, oppure si analizzano le motivazioni che ci sono state fornite dall’altro/a come ragione della rottura.
Così come potrebbe succedere nella fase del dolore, si potrebbe compiere l’errore di appoggiarsi totalmente a qualcuno che percepiamo come più forte di noi perché inconsciamente non ci sentiamo in grado di andare avanti da soli.
Tuttavia, si pensa ancora molto all’altra persona e nonostante il risentimento, non si riesce a lasciarla andare completamente.
In questa fase si è ancora fragili, quindi in alcuni casi una parola o un gesto potrebbero ancora instillare la speranza che si possano sistemare le cose.
Come superare la rabbia
Sviluppare un pensiero critico e meno annebbiato dal dolore e dal senso di abbandono o di colpa è sicuramente un passo avanti verso l’accettazione, quindi è perfettamente normale farsi prendere dalla rabbia.
Iniziare a fare breccia nella “lente rosa” che ci faceva credere di avere una relazione priva di difetti e ci faceva percepire l’essere lasciati come un evento inaspettato e improvviso è uno sviluppo positivo, anche se ci si concentra su ciò che non funzionava e ci si potrebbe sentire stupidi per non averlo capito prima.
Tuttavia, raramente si avrà una piena visione oggettiva di ciò che è successo e quindi potrebbe esserci la tendenza ad addossare all’ex più colpe di quante ne abbia.
A volte contribuiamo passivamente alla fine di un rapporto senza rendercene conto e bisogna saper accettare la nostra parte di colpa senza sbilanciare l’ago della bilancia verso l’altro/a o verso se stessi.
In questa fase, la rabbia funge anche da benzina per alimentare una ritrovata autostima. Quando ci si guarda allo specchio, non ci si concentra più sui propri difetti, ma su tutti i pregi che l’ormai ex-partner ha perduto per sempre, e si potrebbe provare un certo senso di rivalsa e soddisfazione.
Non abbiate paura di rivalutarvi, amare se stessi (senza porsi al di sopra degli altri con superbia) è in realtà un’ottima cosa.
Ovviamente, la rabbia è intesa come emozione e non come vendetta o violenza. In alcuni casi potrebbe essere difficile non pensare di volerla far pagare in qualche modo alla persona che ci ha lasciati, ma non dovrebbe mai essere una soluzione.
Non vi ridarà indietro ciò che avete perduto ed è molto probabile che rallenti soltanto il vostro percorso verso l’accettazione e la ritrovata libertà.
Se doveste avere grandi difficoltà a superare il dolore o la rabbia dopo essere stati lasciati, parlarne con un terapeuta può aiutarvi a ritrovare voi stessi e la vostra strada.
Terza fase: accettazione
L’accettazione arriva quando la rabbia si trasforma in indifferenza, quando la persona che vi ha lasciato compare sempre meno nei vostri pensieri quotidiani.
Un giorno improvvisamente realizzate che non ricordate l’ultima volta che avete pensato a quella persona e capite che quella ferita sta lentamente guarendo.
Non controllate più i loro social spesso come prima, o magari non lo fate affatto. Avete messo via tutte le foto e tutto ciò che possa ricordarvi di quella relazione.
Avete smesso di frequentare certi luoghi con l’unico obiettivo di incontrarli. Avete smesso di parlarne con amici e parenti.
Comincerete a perdonare sia l’altra persona che voi stessi. Avete avuto modo e tempo di riflettere a lungo, di capire cosa è andato storto, di imparare da quanto è successo e di diventare più forti.
Solo quando avrete riottenuto la vostra indipendenza e starete bene con voi stessi, potrete “rimettervi sulla piazza”.
C’è chi si butta subito a capofitto, chi invece approfitta di una rottura per prendersi più tempo per pensare a chi si vuole essere, a chi si vuole diventare e a cosa si vuole fare nella vita.
Non c’è giusto o sbagliato. Ognuno impara qualcosa di diverso dopo la fine di una relazione e ognuno reagisce in modo diverso.
E’ anche importante ricordare che lasciarsi non è per forza una rottura definitiva con l’altra persona: ogni rapporto ha mille sfaccettature differenti, a volte quando qualcosa finisce, si trasforma in qualcos’altro. Altre volte ci si separa per poi ritrovarsi in seguito e magari nascerà qualcosa di nuovo.
L’essere lasciati può essere percepito come una grande sconfitta, ma sta a noi tramutarlo in una vittoria. Si può trovare conforto nel pensare che la vita abbia un suo modo di guidarci sulla strada giusta.
Ogni cosa negativa che ci accade, lo fa per insegnarci qualcosa e aiutarci a diventare chi avremmo sempre dovuto essere.