Grazie all’era della globalizzazione e dei social media, abbiamo la possibilità di venire a contatto con tantissimi altri paesi da tutto il mondo, in modo semplice e veloce.
Di conseguenza, ci troviamo a dover affrontare e scoprire nuove culture, di gran lunga diverse dalla nostra.
Questo può provocare diversi tipi di reazione: da una parte, può spaventarci o metterci sull’attenti, poiché così diverse dalla nostra cultura, ma d’altro canto può anche sorprenderci e insegnarci qualcosa di nuovo.
In particolare, la cultura dei paesi del Sol Levante, negli ultimi anni, sta riscuotendo molto successo, donandoci tante piccole perle di saggezza che ci aiutano a vedere la vita sotto una luce diversa.
Questo è un grandissimo valore, in quanto può aiutarci a cambiare per il meglio, non solo personalmente, ma anche come società. Un bellissimo e poeticissimo esempio è la filosofia del kintsugi.
Kintsugi: da cosa nasce e la sua storia
Kintsugi è una parola giapponese che letteralmente significa “riparare con l’oro“.
Così come spiega la sua definizione, viene utilizzata per indicare un’antica pratica giapponese, con la quale si decide di poter riparare degli oggetti di ceramica rotti, utilizzando delle polveri o dei miscugli, formati con oro, argento o lacca liquida con polvere d’oro.
In questo modo, gli oggetti in questione non solo saranno aggiustati, ma potranno diventare come nuovi e acquisire più valore.
Dietro questo semplice gesto, si nasconde una grandissima filosofia, legata fortemente alla cultura giapponese.
Infatti, lo kintsugi permette di poter prendere qualcosa di poco valore, sia dal punto di vista economico che artistico, all’apparenza inutilizzabile, per poterlo rimodellare e donargli così una nuova funzione e significato.
Viene utilizzato principalmente verso strumenti e oggetti di decorazione o dedicati alla cucina, come stoviglie, bicchieri e teiere.
Grazie a questa tecnica, ogni oggetto riparato verrà decorato con una serie di intrecci dorati che saranno sempre unici e irripetibili, poiché creati dal caso e dalla situazione del momento.
Ma sappiamo da dove provengono le radici di questa antica e bellissima arte dello kintsugi?
Le prime testimonianze di kintsugi sono state ritrovate e datate al periodo storico Jomon, che va dal 10.000 a.C. fino al 400 a.C. Ma la diffusione del kintsugi come vera e propria arte nasce nel XV sec. A.C., durante il periodo Muromachi.
Secondo la leggenda, lo Shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe una delle sue tazzine da tè e, per poter rimediare a ciò, chiese ai suoi artigiani di poterla riparare.
Allo stesso tempo, le tazzine dovevano essere allo stesso tempo adatte a poter essere utilizzate da una persona del suo lignaggio.
Perciò gli artigiani decisero di utilizzare un miscuglio di lacca e polvere d’oro, così da renderla adatta ad un generale militare.
Lo Shogun fu così contento del risultato da utilizzarle sempre. E da quel momento, il kintsugi divenne comune fra le corti imperiali, rendendo gli oggetti riparati elementi da collezione di gran lusso e valore.
La filosofia dietro il Kintsugi e cosa significa
Dietro un semplice atto come il kintsugi, man mano nacque un’intera corrente filosofica che porta a delle riflessioni sulla nostra vita e il mondo che ci circonda.
L’idea che un oggetto, all’apparenza ormai inutilizzabile, poiché rotto, che può rinascere dalle ceneri e ottenere un nuovo scopo.
Non soltanto potrà ottenere una nuova funzione, ma una nuova vera e propria vita, poiché grazie al collante formato dalla sostanza preziosa, potrà diventare molto più prezioso e affascinante dal punto di vista artistico, poiché è stato arricchito da qualcosa in più.
Tutto ciò, se non abbastanza, viene arricchito dal fatto che gli intrecci d’oro saranno sempre diversi, poiché sono stati creati dal caso, poiché seguono le forme delle crepe dell’oggetto in questione.
Tutto ciò ci insegna come, anche dalle avversità più buie e difficili, possiamo imparare e guadagnare qualcosa, poiché dai nostri sbagli possiamo soltanto imparare e crescere, diventando più floridi e emotivamente stabili, come le ciotole del kintsugi possono diventare più preziose.
Inoltre, il kintsugi ci insegna come ognuno di noi sia diverso, e come ogni crepa e ogni intreccio sugli oggetti sarà unico, così anche i nostri dolori e le nostre debolezze lo saranno, poiché ognuno di noi porta alle spalle delle battaglie diverse da affrontare.
Il kintsugi forma nella nostra mente un’immagine molto potente, delle cicatrici che ci portiamo dietro e di come esse ci possano rendere dorati, ovvero più forti e più preziosi, anzi sono proprio quegli elementi che ci contraddistinguono e ci rendono unici, diversi dagli altri.
Di conseguenza, fallire e ‘rompere’ i nostri sentimenti non dovrebbe essere visto come un evento negativo, bensì la possibilità di poter rialzarsi, imparare nuove esperienze dalle nostre sconfitte e arricchirci, emotivamente e moralmente.
Questo risultato potrà accadere però soltanto in un modo: ovvero, se non lasciamo passivamente che gli eventi attorno a noi ci influenzino, bensì agendo attivamente su noi stessi, curandoci e impegnando il nostro tempo per noi stessi.
Soltanto in questo modo potremmo effettivamente rendere le nostre ferite e cicatrici “d’oro”, riparandole.
Grazie allo kintsugi, accettare i propri errori e i propri fallimenti diventa un vero atto di resistenza, in quanto ci rende possibile comprendere come non possiamo scegliere attivamente cosa ci succede, bensì possiamo imparare la resilienza, ovvero come reagire agli eventi esterni e, soprattutto, come difenderci e curarci da questi.
Possiamo soltanto poter controllare noi stessi, la nostra forza interiore e la nostra reattività e disponibilità ad affrontare i problemi col sorriso.
Questo e molto altro è tutto il sottostrato che si cela dietro la magnifica filosofia di pensiero giapponese del kintsugi.
Grazie alla cultura giapponese, da sempre piena di elementi eleganti e così filosofica, possiamo riscoprire numerosi valori della nostra società che meriterebbero molto più spazio.
Questi elementi potrebbero decisamente poter tornarci utili al giorno d’oggi, in quanto potrebbero insegnarci ad affrontare la nostra vita con un’ottica diversa, più sana psicologicamente e moralmente parlando.
Se tutti potessero rendere propria tale filosofia, il mondo sarebbe formato da persone molto più sagge, poiché tutti noi, in fondo, siamo degli “oggetti kintsugi”, con le nostre cicatrici dorate.