La claustrofobia è la paura dei luoghi chiusi e angusti, come ad esempio ascensori, ripostigli, grotte, metropolitana, aerei, treni e di tutti quei luoghi in cui si ha poco spazio di movimento.

Chi soffre di claustrofobia percepisce in maniera traumatica la violazione della libertà spaziale che avviene negli spazi piccoli e si sente in trappola.

Può riferirsi anche alla paura di un relazione troppo opprimente e dalla libertà limitata.

Infatti, il termine “claustrofobia” deriva dal termine latino “claustrum” ovvero “luogo chiuso” e da “phobos”, termine greco che significa “paura” e “fobia”.

Comportamenti claustrofobici

Chi soffre di claustrofobia, quando si ritrova in un luogo piccolo, chiuso, senza finestre e affollato, inizia a provare un senso di accerchiamento, angoscia, ansia ed oppressione che può sfociare spesso in attacchi di panico

Con la sensazione che le pareti si stiano richiudendo su se stesse, accelerazione cardiaca, vertigini, difficoltà respiratorie, brividi, nausea, iperventilazione, disturbi visivi e uditivi, sudorazione fredda e vampate di calore, svenimento.

Le persone claustrofobiche organizzano la propria vita in modo da evitare i luoghi piccoli e affollati, scegliendo ad esempio di prendere le scale e non l’ascensore, tendono a tenere sotto un rigido controllo ogni parte della propria esistenza e si sentono al sicuro solo con un famigliare o un amico di cui si fidano.

Mentre nel caso di claustrofobia relazionale, il soggetto che ne soffre cerca il più possibile di evitare la persona in questione.

In caso di una nuova relazione, la persona claustrofobica tende a voler assumere il ruolo predominante per tenere sotto controllo la situazione e sceglie partner deboli ma anche maturi, che possano ben sopportare la rottura della relazione senza controbattere quando il soggetto claustrofobico decide di chiuderla poiché la ritiene opprimente.

Infine, esiste anche un tipo di claustrofobia che è scatenato da vestiti stretti, maglie e maglioni a collo alto, cinture di sicurezza in auto e sull’aereo.

Cause e conseguenze della claustrofobia

A causare claustrofobia, in sintesi, potrebbero essere tutti quei luoghi e situazioni in cui la libertà viene limitata e il soggetto si sente in trappola, oppresso e accerchiato.

Le cause sono spesso da ricercare in eventi e situazioni traumatiche avvenute in ambienti angusti e piccoli:

  • durante la prima infanzia;
  • aver dovuto cercare un rifugio durante un combattimento bellico;
  • aver vissuto un periodo più o meno lungo di prigionia.

Gli scienziati e gli esperti non hanno ancora scoperto con certezza dove risiede la causa fisica della claustrofobia:

  • secondo alcuni scienziati la claustrofobia deriva da una distorsione della percezione spaziale del soggetto che è in diretta correlazione con l’istinto di sopravvivenza, infatti chi soffre di claustrofobia si preoccupa di cosa succederà se si ritroverà in uno spazio chiuso e piccolo senza poter scappare;
  • secondo altri scienziati, invece, la causa fisica della claustrofobia è dovuta a un mal funzionamento dell’amigdala (un agglomerato di nuclei nervosi che risiedono nella parte più interna dei lobi temporali celebrali, ovvero nel sistema limbico). Il mal funzionamento dell’amigdala influenza e amplia la percezione del pericolo.

Le conseguenze della claustrofobia sulla vita quotidiana possono essere molto limitanti per le persone che ne soffrono, non solo perché evitano di attraversare e sostare in specifici ambienti piccoli e affollati ma anche poiché, ad esempio, anche il passaggio in una porta girevole o fare un test nella macchina della risonanza magnetica può provocare claustrofobia.

Si può guarire dalla claustrofobia?

La claustrofobia può essere di carattere transitorio e andare via dopo un certo periodo di tempo quando il soggetto affronta le proprie paure e le sconfigge.

Infatti, esistono delle terapie specifiche per alleviare e curare questa fobia da fare sotto la visione e la guida di un esperto.

Le cure più efficaci sommano meditazione e rilassamento a una psicoterapia cognitivo-comportamentale che mira a far razionalizzare al paziente la paura degli spazi chiusi e angusti, aiutandolo ad affrontare le varie situazioni di paura.

Nei casi più gravi, se il terapeuta lo riterrà necessario, a queste terapie possono essere associati dei farmaci che gestiscono il problema temporaneamente e comunque non lo risolvono senza la psicoterapia cognitivo-comportamentale idonea.

1 commento su “Claustrofobia: la paura della “violazione della libertà””

  1. Pingback: Eleuterofobia: l'insana paura della libertà - Splendidamente

I commenti sono chiusi.