Il bullismo è un fenomeno di natura violenta che colpisce non solo i più giovani, come si è probabilmente portati a credere, ma anche gli adulti in ragione di una presunta loro incapacità di difendersi.

Le conseguenze di questa forma di comportamento possono essere drammatiche e prolungate nel tempo, da un punto di vista sia psicologico che fisico.

Bullismo al femminile: un fenomeno rimasto a lungo nell’ombra

Attorno a questo tema, per fortuna, si discute sempre più spesso, seppure non in maniera adeguata: dell’altra faccia della luna, infatti, quasi non si fa parola. Il riferimento qui è al bullismo al femminile.

Spesso presente già negli anni della scuola elementare, il bullismo al femminile raccoglie tutta una serie di comportamenti scorretti che bambine o ragazze adottano nei confronti di vittime dello stesso sesso.

Di solito non si concretizza in nulla di particolarmente plateale: niente pugni e schiaffi, insomma, ma attacchi all’autostima, a volte così subdoli da sfuggire agli sguardi meno attenti, altre più plateali come minacce e/o scherzi pesanti.

Il risultato, però, è sempre lo stesso: la vittima viene progressivamente isolata dal gruppo divenendo oggetto di derisione e pettegolezzi.

Cosa porta una bambina o un’adolescente a compiere atti così orribili? Seppure ad oggi non ci sia una risposta univoca, molti psicologi sono concordi nell’affermare che le cause vadano ricercate all’interno del contesto familiare.

La preadolescenza e l’adolescenza sono in generale periodi difficili, ancora di più per chi ha suo malgrado interiorizzato un modello relazionale improntato al dominio e al controllo.

In questi casi, infatti, la relazione con l’altro, soprattutto se percepito debole, rischia di essere governata dall’unico schema che si ha a disposizione, quello cioè della prevaricazione, della sottomissione dell’altro, dell’aggressività. Agire in questo modo, in pratica, risulta pressoché naturale al “carnefice”. 

Bullismo femminile e maschile: quali differenze?

Provando a semplificare un tema che merita certamente un più attento approfondimento, è possibile affermare che il bullismo tra ragazze si differenzia da quello tra ragazzi per la forma assunta, prevalentemente a carattere psicologico anziché fisico.

La violenza, protratta nel tempo, viene rivolta ai sentimenti e alla morale e si nutre di parole cattive e insinuazioni.

Inoltre, a differenza della violenza maschile, più legata all’impulso del momento, il bullismo al femminile tende ad essere premeditato, e per questo ancora più inquietante: la figura che bullizza, insieme al gruppo che la sostiene, progetta dei veri e propri piani con l’intento di far soffrire la vittima designata.

È certamente compito dei genitori prestare (ancora più) attenzione ai comportamenti dei propri figli, cercando l’ascolto e la comunicazione.

Intervenire in questa direzione, tuttavia, significa anche mettere in discussione se stessi come figure genitoriali: chi perpetra atti di bullismo, infatti, ha sicuramente una storia da raccontare, storia che non necessariamente si caratterizza per la presenza di eventi traumatici quanto, più spesso, per impalpabili trame familiari disfunzionali.

Cosa posso fare in quanto padre, madre, insegnante? Che clima contribuisco a creare, giorno dopo giorno, per mezzo delle mie parole, delle mie azioni e del mio non verbale? Sono queste le domande sulle quali riflettere, con apertura massima e umiltà. E non certamente per cercare colpevoli.

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1 commento su “Bullismo femminile: Quando i bulli sono delle donne”

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